A più di un mese dallo scoppio della guerra, l’onda blu e gialla resiste in Lituania. Ovviamente pacifici ma non per questo meno determinati. Da Vilnius, la capitale, alle cittadine sparse nelle fitte foreste del Paese, il più grande dei tre Stati baltici esibisce ovunque la doppia barra orizzontale che compone la bandiera ucraina: sotto forma di un discreto foulard o di una gigantesca aria calda palloncino, in una sala d’attesa del Ministero dell’Interno, dipinto, in carta o tessuto, sulle facciate di hotel, musei, negozi e su tutti gli schermi. Non a caso: come ricorda ogni lituano, alla domanda sui suoi sentimenti nei confronti di Mosca, il Paese condivide una geografia e un destino comuni con l’Ucraina. O decenni sotto il giogo sovietico e, dall’indipendenza, ripresa nel 1990, un doppio confine, con la Bielorussia del “Il burattino di Lukashenko” a est, e con l’enclave russa di Kaliningrad a ovest. Il destino della vicinissima Ucraina (kiev è a 700 km di distanza) è quindi una questione prioritaria qui.
LEGGI ANCHE: Dall’Ucraina alla Moldova, lo scenario del domino è nella mente di tutti